Intervista ad una campionessa di snowboard

Cristina Tuberosa. Intervista ad una campionessa di snowboard

(articolo pubblicato su Oltre n. 29)

Cristina Tuberosa, campionessa di snowboard, è nata e cresciuta a Locana, 26 anni fa, in frazione Fey. Il suo nome di battaglia è Heidi, così la chiamavano già da ragazzina: era ‘la ragazza dei monti’. Con la tavola (e senza) ne ha fatta di strada la ragazza dei monti!

Heidi, o Cristina, se preferisci, quando ti sei avvicinata alla tavola per la prima volta?

Cristina: La prima volta che mi sono allacciata una tavola da snowboard è stato otto anni fa sulle piste di Ceresole Reale. Mio fratello Matteo praticava snowboard già da alcuni anni e dopo tante stagioni sugli sci ho deciso di provare anch’io. Non è stato facile trovare subito il materiale tecnico, soprattutto degli scarponi taglia 38. Erano pochissime le ragazze che facevano snowboard, soprattutto sulle piste di Ceresole e dell’Alpe Cialma.

Tu sei nata a Locana, vero, dunque è proprio sulle piste ‘di casa’ che hai cominciato. E’ stato amore a prima vista? Ti sei trovata subito bene sulla tavola?

Nonostante all’inizio mi fosse sembrato uno sport impossibile, fatto solo di continue cadute e lividi, mi sono appassionata, ho deciso di continuare e di provare a migliorarmi sempre.

Mi chiedo sempre dove troviate il coraggio voi riders; quando vi guardo provo una grande ammirazione ma anche quel sentimento di timore con cui le persone più ‘grandi’ guardano ai giovani spericolati. Non posso fare a meno di chiedermi se non proviate paura. Ma vi rendete conto dei pericoli?

Non posso negare che sia uno sport rischioso e certamente non femminile. In questi anni ho riportato parecchie fratture, alcune anche gravi, come quando nel training prima di una gara in Veneto mi sono fratturata l’omero del braccio sinistro e ho passato il capodanno in ospedale ad Ivrea, dopo aver subito una lunga operazione. Quella brutta caduta mi è costata tutta la stagione invernale, 4 mesi di ferri esterni e 6 mesi di fiosioterapia. Ad ogni frattura mi riprometto di smettere e lo prometto sempre anche a mia madre, anche se poi torno sempre sulla tavola.

Credo di non avere difficoltà a identificarmi con tua madre, con i tuoi genitori. Immagino i loro stati d’animo, probabilmente divisi fra l’orgoglio di avere una figlia del tuo calibro sportivo e il terrore di saperti sulle piste o in gara. Che cosa ti dicevano i tuoi genitori?

I miei genitori hanno sempre visto la mia passione come qualcosa di negativo perché mi distraeva dalle mie priorità, come lo studio e perché è un’attività ad alto rischio. Anzi, a dire la verità hanno sempre osteggiato questa mia passione, ritenendola una perdita di tempo e uno spreco di energie.

Già, ma tu non sembri un tipo facilmente influenzabile. Devi essere piuttosto tenace. Ma come nasce questo soprannome, Heidi?

Il soprannome “Heidi” mi segue fin dalla scuola media, credo. O forse da sempre. Sono cresciuta in una piccola frazione del comune di Locana di nome Fey, nello splendido scenario delle montagne del Parco del Gran Paradiso, e per questo sono diventata “Heidi”. Nell’ambiente dello snowboard sono conosciuta con questo nickname e in pochi sanno qual è il mio vero nome. Anche il mio ragazzo, Mattia, che sta frequentando il corso maestri per diventare maestro di snowboard, con il quale ho una relazione da più di tre anni, per il primo mese nel quale ci siamo frequentati ha creduto che quello fosse il mio vero nome.

Ma si può vivere di solo snowboard? E com’è l’esperienza dello snowboard vissuta al femminile?

Purtroppo non sono mai riuscita a fare il salto per diventare una vera professionista, per tutta una serie di ragioni, molte delle quali purtroppo non sono dipese da me. In Italia lo snowboard, soprattutto quello femminile, non è ancora una disciplina di cui si possa vivere, sono ancora pochissimi gli atleti che ricevono uno stipendio per le proprie performance e che quindi si possono permettere il lusso di dedicarsi solo ed esclusivamente agli allenamenti e alle gare. Tutti gli altri, come me, cercano di crearsi delle vite pressoché “normali”, con dei lavori funambolici per poter trascorrere il maggior tempo possibile sulla neve. Attualmente in Italia solo una ragazza vive di snowboard, per tutte le altre è una continua battaglia. Anche lo spazio riservato a noi ragazze per competizioni, sponsor e riviste è minimo. In Italia è purtroppo ancora uno sport fortemente maschilista e il sesso femminile è fortemente discriminato.

So che tu ancora studi, ma anche che ti sostieni con un lavoro; come riesci a conciliare tutto: allenamenti, studio, lavoro, e a quanto pare anche amore?

Per potermi dedicare alla mia passione ho dovuto cercare di far quadrare lo studio universitario, i lavori stagionali per potermi mantenere, i rapporti con la mia famiglia e la mia relazione sentimentale. Non è stato semplice, ma le soddisfazioni sono state tante, soprattutto durante le competizioni all’estero.

Secondo te la situazione dello snowboard femminile è diversa in Italia e all’estero? Ci sono maggiori possibilità in ambiente internazionale?

Al di fuori dell’Italia la situazione è totalmente differente: ci sono competizioni di livello internazionale specifiche solo per ragazze, con alti montepremi e grande riscontro mediatico. All’estero la selezione è molto più dura che in Italia, perché il livello femminile è più alto, come anche il numero di ragazze che fanno snowboard. E’ quindi più difficile essere sponsorizzate, ma gli sponsor seguono i propri atleti a 360°, mentre non è così in Italia, dove la maggior parte delle cose sono lasciate alla determinazione degli atleti e alle loro povere finanze. Non esistono ancora veri e propri club per la preparazione agonistica che seguono i ragazzi durante la loro crescita sportiva.

Mi racconti una delle tue giornate tipo?

Una mia giornata tipo è: sveglia presto per poter studiare, una bella colazione sostanziosa e poi di corsa in pista. Un po’ di riscaldamento prima da fermi e poi in pista e infine, finalmente, nello snowpark, un’area attrezzata per poter praticare salti e rail (slopestyle, è la mia disciplina) in sicurezza e su strutture predisposte. All’incirca trascorriamo in park dalle due alle quattro ore, a seconda della condizione fisica e meteo. Non esistono allenatori, purtroppo (!). Non sono seguita da nessuno. Cerco di imparare nuove manovre dagli altri rider, attraverso video e riviste specializzate. Provo e riprovo un trick mille volte, finché non riesco a chiuderlo. Naturarmente, man mano che il livello sale, anche le strutture diventano più grosse, complesse e rischiose. Spesso i salti possono anche raggiungere i 18/20 metri di lunghezza. Proprio per questo è necessaria tutta una preparazione atletica pre e post neve. Io sono fortunata, per questo aspetto sono seguita dal mio ragazzo che è laureato S.U.I.S.M. e mi organizza la preparazione fisica in palestra e in piscina. Pratico inoltre yoga, perché è un attività estremamente utile per il controllo delle differenti parti del corpo, per l’allungamento muscolare e per la concentrazione mentale. Come ho già anticipato, ho una relazione da più di tre anni con Mattia, un ragazzo che ho consciuto a Torino durante l’università e con cui condivido la passione per questo sport.

Quali sono i tuoi progetti per il futuro: penso alla vita sulla tavola ma anche a quella con ‘i piedi per terra’ (dal momento che anche questi non ti mancano proprio)?

Sono una ragazza con i piedi estremamente per terra: per questa nuova stagione il mio impegno sullo snowboard sarà limitato perché sto per intraprendere un master in European Business presso la ESCP-EAP di Torino. Lo snowboard mi ha dato tanto, ho vissuto esperienze di vita meravigliose in Italia, in Europa e anche dall’altra parte del mondo (Nuova Zelanda), prima con il marchio Burton ed ora con Bataleon. I miei sponsor (Bataleon, Celsius, Nikita, Doors e Backdoor shop) mi hanno aiutata a realizzare tanti sogni, ma non sono più una ragazzine e devo iniziare a pensare anche al mio futuro.

Siamo certi che il tuo futuro personale sarà pieno di realizzazioni, dal momento che creatività e pragmaticità non ti mancano. E che cosa immagini tu nel futuro dello snowboard?

La mia unica speranza è che lo snowboard, soprattutto quello femminile, diventi presto anche in Italia una disciplina riconosciuta e regolarizzata, che il numero delle ragazze che lo praticano cresca in maniera esponenziale e che venga data la possibilità alle ragazze più meritevoli e talentuose di poter vivere della propria passione. Lo snowboard non è semplicemente una disciplina sportiva, ma un vero e proprio stile di vita.

 

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