STELLE DI PACE

STELLE DI PACE

(servizio pubblicato su Oltre, n. 35):

La pace di Emergency e il Canavese

Delegazione di Emergency ad Alpette

Ebbene, diamo i numeri

Intervista a Mauro Carazzato

Intervista a Ivana Mighetto

 

La pace di Emergency e il Canavese

“Stelle di pace” è il titolo dell’iniziativa dei gruppi di Emergency del Piemonte. Per una volta la pace era la loro, abitualmente impegnati nel rischiarare, grazie all’assistenza medica che forniscono gratuitamente, la difficile esistenza di molti civili, in difficili situazioni di guerra o conseguenti la guerra.
Così, per una volta, non si è trattato di lavoro, condotto in tempi e modi d’emergenza, come il nome dell’organizzazione suggerisce: si è trattato di vacanze.
D’altra parte Alpette di stelle se ne intende – l’interesse del paese per l’osservazione astronomica è storico. Attualmente qui si ospita un efficiente planetario, di recente edificazione, che è andato ad aggiungersi a un osservatorio astronomico esistente da molti anni: il primo osservatorio fu costruito nel 1972, il Comune dispose il secondo nel 1987, nella parte più alta dell’edificio comunale. Oggi la dotazione si avvale di un telescopio in grado di scovare le stelle cinquemila volte più deboli di quelle che si percepiscono a occhio nudo. Puoi immaginare se non catturava le “stelle” di Emergency!
Così l’iniziativa, coordinata da Emergency e dal Comune di Alpette, ha trovato subito una sede appropriata dove organizzare tre giorni di riposo: il grazioso luogo, nella Valle dell’Orco, a mille metri circa di altitudine.
Il piccolo ma attivissimo Comune ha accolto con viva partecipazione medici, infermieri, logisti, personale volontario, amici e simpatizzanti di Emergency. Ha fisicamente messo a disposizione il proprio campo di calcio in un fine settimana di luglio, dove si è improvvisato un campeggio, ma occorre dire che ogni attività ha trovato la più idonea location, grazie all’impegno di amministratori e Pro-loco.
Durante i tre giorni si sono avvicendate molte attività, fra cui escursioni, corsi di danze occitane, corsi di yoga, giochi per bambini e ragazzi, visite al locale Museo del Rame, all’osservatorio e al planetario.
La musica occitana ha contraltato con la musica rock. Così le band dei Rumble Rock, degli Yossakid, dei Mamalook, dei Pulsive si sono alternati con il gruppo musicale Controcanto, con il suo diverso repertorio occitano. Due differenti readings hanno animato le serate.
Si è trattato del primo incontro di Emergency, caratterizzato in questo modo, in Piemonte. Nell’occasione delle “Stelle di pace” Emergency ha fatto conoscere i propri volontari che operano in Sierra Leone e in Afghanistan, i quali hanno testimoniato in modo diretto il proprio impegno nell’assistenza medica e ospedaliera.
Il filo che ha unito il piccolo centro del Canavese e la struttura medica internazionale, tuttavia, non si è reciso qui. L’amicizia è continuata e il 20 agosto, nella Sala Consigliare del Comune, abitanti e villeggianti di Alpette hanno nuovamente incontrato gli operatori di Emergency, fra cui una delegazione proveniente dal Sudan. Il bis ha rinnovato l’interesse, suscitando una sentita adesione.
Così le “stelle” di Emergency, capaci di portare un po’ di luce nella vita difficile di tante persone in grave difficoltà, bisognose nei territori di guerra di cure amorevoli, ma anche di interventi chirurgici specialistici, hanno brillato nel cielo del Canavese, illuminando le storie che hanno raccontato con la loro umanità, congiunta con la professionalità. L’autentica partecipazione, emergente dalla testimonianza dei volontari, ha creato nel pubblico, attorno al gruppo, un clima partecipativo intenso.
Non capita tutti i giorni: l’evento astronomico aveva un’importanza speciale!

Delegazione di Emergency ad Alpette

Il 20 agosto il Canavese ha incontrato Emergency per la seconda volta, nell’arco di poco tempo.
Il responsabile della delegazione torinese di Emergency, Mauro Carazzato, ha presentato al pubblico canavesano, ad Alpette, i principi e le attività dell’organizzazione, fondata da Gino Strada, in divesi paesi del mondo. In particolare poi Elena Carlini, tecnico perfusionista di ritorno dal Sudan, ha illustrato al pubblico il modo con cui vengono offerte alla popolazione sudanese cure gratuite specialistiche nell’ospedale di Emergency che ha sede a Khartoum.
Quando l’incontro ha inizio è la proiezione della fotografia di Francesco Azzarà a campeggiare sul telo di proiezione: di lui, rapito il 14 agosto, non ci sono più notizie. Unica reale notizia: la mancanza di notizie. Nessuna richiesta dei rapitori, nessun approccio; nulla di nulla.
Emergency è un’organizzazione italiana indipendente, il cui scopo fondamentale è prestare cure mediche e chirurgiche gratuite e di alta qualità alle vittime di guerra, delle mine anti-uomo e della povertà. Promuove una cultura di pace, solidarietà e rispetto dei diritti umani.
La loro azione parte nella maggior parte dei casi dalla costruzione di un nuovo ospedale. Perché la struttura deve essere perfettamente efficiente e offrire il massimo delle possibilità. Poi viene installato personale internazionale altamente qualificato. Ma lo scopo è sempre quello di arrivare, nel tempo, ad affidare dapprima parzialmente e poi completamente la struttura in mano di personale del luogo. L’aspetto di formazione del personale locale è dunque molto curato. Per esempio in Irak è già accaduto due volte, con due ospedali diversi: affidati ora alla gestione della popolazione e del personale del terriotorio, sebbene costantemente monitorati a distanza dalla organizzazione madre, per assicurarsi che le due caratteristiche fondamentali che muovono Emergency – gratuità del servizio e eccellenza – non vengano mai meno.
Emergency è nata per aiutare le vittime civili di guerra. I numeri esponenziali con i quali le vittime di guerra sono aumentati dalla prima guerra mondiale a oggi sono spaventosi; molti fra loro sono donne e bambini. Basti pensare che si calcola che ancora oggi nel mondo siano attive circa 150 milioni di mine. Quante rovineranno per sempre la vita di una o più persone? Quante gambe, braccia, parti di corpo ancora saranno dilaniati? È su corpi come questi che Emergency ha dapprima concentrato il suo intervento, ma vittime di guerra in senso più esteso sono tutte le popolazioni che continuano a soffrire le conseguenze di una guerra vissuta e patita, compresa quella dell’estrema povertà.
Dove la guerra non è la causa diretta del bisogno di cure mediche, sono le condizioni ambientali e climatiche a fare i disastri, a rendersi causa di malattie endemiche. In Sudan, per esempio, per combattere contro le malattie del cuore è stato costruito il Salam Center, centro d’eccellenza di cardiochirurgia. Si opera sulle valvole del cuore, mitraliche e aortiche. E se in occidente sono generalmente gli anziani a necessitare di questo genere di interventi, in Africa i chirurghi operano bambini dai cinque anni, e adolescenti, che hanno un organo del cuore disastrato da malattie reumatiche e per vivere non avrebbero alternativa alle cure chirurgiche.
Ora in Sudan Emergency ha ottenuto grandi risultati, intervenendo nella politica sanitaria del paese ospite, contribuendo a formulare un accordo fra paesi africani, grazie all’Aime, Rete Sanitaria fra Paesi Africani. E’ anche in base a questo accordo che il centro cardiochirurgico specializzato di Emergency nel Sudan è aperto, sempre in modo gratuito, alle popolazioni dei paesi limitrofi.
Va specificato che i sistemi sanitari dei diversi paesi non prevedono assistenza gratuita ai malati: Emergency non solo si presenta come una realtà medica e assistenziale di altissimo livello, a comparazione di qualunque altro centro ospedaliero locale, ma si configura del tutto eccezionalmente come realtà gratuita.
Grazie all’impegno con il quale ha operato in Sudan, Emergency ha avuto un peso nell’ottenere in quel paese l’impegno del governo locale a contribuire all’assistenza pediatrica gratuita per i bambini sotto i quattordici anni.
Là dove ci sono ospedali pediatrici, come in Panshir, come l’ospedale Anabah, Mattanbang in Cambogia, Gaderich in Sierra Leone, Sulamaniya in Irak (struttura dotata anche di un laboratorio di costruzione di protesi), Bangui in Centrafrica, il Saalam Center in Sudan, ovunque vi sia la presenza di bambini c’è sempre una parte di lavoro dedicata all’educazione e al gioco.
Le immagini che vediamo in proiezione presentano sempre non solo un alto grado di cura, di pulizia, di efficienza; ad essa si aggiunge qualcosa di più: l’armonia e la bellezza delle forme, l’espressione colorata e aggraziata di una natura condotta e contenuta in modo sapiente: fiori, erbe, piante, giardini, vialetti. Vi si legge e vi si comprende un’idea antica quanto l’uomo, questo stesso uomo che sa uccidere, dilaniare i corpi di bambini, sfruttare attraverso la povertà e i conflitti, eppure sa che la guarigione del corpo passa necessariamente attraverso la guarigione dell’anima.
Nei centri ospedalieri di Emergency la cura dello spirito si avvale dell’umanità del personale, quanto della bellezza.

Ebbene, diamo i numeri

 

3.663.738 persone che hanno ricevuto cure negli ospedali di Emergency, nei Centri pediatrici, come in quelli chirurgici, nei Posti di primo soccorso, nei Centri di riabilitazione

15.303 bambini curati nel Centro pediatrico di Bangui, nella capitale della Repubblica Centrafricana, solo dal marzo 2009 a oggi
70 i bambini che vi vengono visitati gratuitamente ogni giorno
24 ore su 24 l’orario di apertura dell’ambulatorio

82.499 le persone assistite in Sudan dal 2005
16.105 visite in ambulatorio nel Centro Salam di cardiochirurgia a Khartoum
9.389 visite specialistiche cardiologiche nel Centro Salam
1.952 pazienti ricoverati
1.745 interventi chirurgici
599 procedure di cardiologia diagnostica e interentistica
Nel Sudan un Centro pediatrico è situato presso il campo profughi di Mayo ed è l’unica struttura che offre assistenza gratuita di base per circa 300.000 persone.

3 i minuti che a stento passano senza che Emergency curi una persona
Dove?

In Afganistan, nel Centro Chirurgico per vittime di guerra di Anabah, Valle del Panshir, cui si è affiancato un Centro di Maternità e uno di Pediatria. Un secondo centro chirurgico per vittime di guerra è stato aperto a Kabul. Un terzo Centro è stato aperto a Lashkar-gah, nel meridione del paese: porta il nome di Terzano Terzani. Si aggiungono, sempre in Afganistan, molti Posti di primo soccorso e centri sanitari. Inoltre Emergency fornisce assistenza ai prigionieri, nelle prigioni di Duab, di Shebergan, di Lashkar-gah, di Kabul

In Cambogia, dove dal 1998 a Battambang, nel nord del paese, opera e riabilita i feriti da mina antiuomo. È intitolato a Ilaria Alpi. Per far fronte ai feriti da mina ha istituito 4 Posti di Primo Soccorso nel distretto densamente minato di Samlot e lungo le vie di ritorno dei profughi dalla Tailandia

In Irak ha prima riattivato l’ospedale di Choman, villaggio del Kurdistan iracheno, al confine fra Iran e Irak. Sono stati aperti due Centri chirurgici: Sulaimanya e Erbil. Entrambi sono ora affidati completamente alla gestione di personale locale. Inoltre a Sulaimanya ha aperto un Centro di riabilitazione e di reintegrazione sociale. Gli ex pazienti, che hanno subito amputazioni, vengono riabilitati, formati professionalmente e sostenuti economicamente nell’avvio di botteghe, cooperative e negozi

Nella Repubblica Centrafricana, dove il tasso di mortalità infantile è di 115 decessi ogni 1000 nati vivi, è stato aperto il Centro Pediatrico di Bangui
43.678: il numero di bambini curati dal marzo del 2009 a oggi in Repubblica Centrafricana

In Sierra Leone ha aperto un complesso ospedaliero, di cui fa parte un Centro Pediatrico, dove fra l’altro vengono curate le malattie malariche, anemie e infezioni respiratorie

Intervista a Mauro Carazzato

Referente Gruppo Territoriale Torinese di Emergency

Conosciamo le finalità, il modo di operare di Emergency nelle condizioni d’emergenza dei paesi di guerra, l’impegno e la serietà con cui l’organizzazione agisce, offrendo cure d’eccellenza gratuite alle vittime di guerre e povertà, portando forme di soccorso medico di alto livello. Si avvale di volontari. Ma come si diventa volontari di Emergency? Al di là delle specifiche competenze mediche e infermieristiche, anche altri possono diventare volontari di Emergency? Come e cosa fare?

Emergency riesce a realizzare e gestire i propri progetti fondamentalmente grazie al contributo economico di privati cittadini, dai quali arriva l’80% dei fondi raccolti.

Questo denaro si raccoglie tramite iniziative di raccolta fondi (concerti, spettacoli teatrali, incontri pubblici), con il 5×1000, oppure con l’adozione di un ospedale, la tessera di Emergency. Insomma, tante modalità sulle quali si attivano quotidianamente circa 4.000 volontari in tutta Italia.

I volontari fanno riferimento a Gruppi Territoriali, come quello di Torino. Come si diventa volontario? Molto facile. Non esistono competenze specifiche, basta condividere la passione in ciò che fa Emergency e dedicare del tempo a che questo possa realizzarsi.

Ognuno dà quello che può e che sa fare. C’è chi organizza e partecipa ai banchetti informativi e di vendita gadget, chi si occupa dell’organizzazione delle iniziative, chi del magazzino territoriale, chi del rapporto con le istituzioni e con la stampa, chi degli interventi nelle scuole, chi dell’accoglienza nuovi volontari.

C’è molto da fare e quindi diamo sempre il benvenuto a forze fresche. Perché il compito di un gruppo territoriale non è limitato alla raccolta fondi ma anche finalizzato alla diffusione di una cultura di pace.

È stata la sua storia professionale ad avvicinarla ad Emergency? Qual è stato il suo personale percorso di avvicinamento?

Assolutamente no, il mio lavoro non rientra nel mondo sanitario. Sono sempre stato un grande ammiratore del lavoro di Emergency. Un lontano giorno incontrai un banchetto del Gruppo di Santena a una mostra di pittura, chiesi cosa potessi fare per dare una mano, al di là del sostegno economico, e fui indirizzato all’accoglienza del Gruppo di Torino. Così sono diventato volontario e ora eccomi qui.

Il gruppo territoriale torinese presenta qualche particolarità rispetto ad altri gruppi sparsi nel nostro paese? Ha una sua specificità? Come è organizzato e che cosa fa per comunicare all’esterno ciò che fa Emergency? Come vi muovete?

Il Gruppo di Torino è una bella realtà. Con circa 40 volontari attivi e molti simpatizzanti pronti a dare una mano. L’organizzazione non ha una struttura gerarchica, nel senso che ciascuno propone idee o progetti, siano per la raccolta fondi o per la diffusione della cultura di pace, poi il gruppo decide. Ci sono sì dei singoli referenti per i sottogruppi (comunicazione, eventi, scuola, accoglienza, magazzino …) ma semplicemente per far funzionare il gruppo al meglio.

Abbiamo un sito (www.emergencypiemonte.it) dove tutti possono trovare informazioni e iniziative dei diversi Gruppi territoriali del Piemonte. Torino, rispetto alla maggior parte dei gruppi italiani, dall’anno scorso organizza un mercatino di Natale strutturato come quelli di Milano e Roma, dove oltre ai classici gadget si possono trovare tantissime idee regalo. Dall’oggettistica all’abbigliamento, alimentari, giocattoli e tanto altro. Nel 2010 l’abbiamo tenuto in alcuni locali di Piazza Palazzo di Città. Quest’anno stiamo definendo dove tenerlo, ma molto probabilmente sarà in Piazza Emanuele Filiberto.

Una novità assoluta sarà l’apertura di un Info Point Emergency in Torino. I locali sono stati scelti e a settembre cominceremo i lavori per cercare di arrivare all’inaugurazione entro la prima metà di ottobre. È un posto molto bello in Corso Vittorio Emanuele II che sarà anche sede organizzativa del gruppo e luogo d’incontro.

In Africa Emergency si è impegnata come sempre nella costruzione di ospedali e nella gestione della cura dei pazienti. Ma ha anche lavorato molto per l’avvio e la realizzazione di un progetto ambizioso: la costruzione di una Rete sanitaria d’eccellenza in Africa. È stata di stimolo alla cooperazione di diversi stati africani per un comune obiettivo: quello della salute della loro popolazione. Vuole parlarci di questo lavoro di coordinamento?

Il Centro Salam è il fulcro del Programma di pediatria e cardiochirurgia che Emergency sta realizzando in Africa. Presso il Centro Salam sono stati operati pazienti provenienti da 22 paesi diversi: Sudan, Repubblica Centrafricana, Repubblica democratica del Congo, Eritrea, Etiopia, Kenia, Ruanda, Sierra Leone, Tanzania, Uganda, Zambia, Nigeria, Iraq, Ciad, Giordania, Somalia, Burundi, Gibuti, Zimbabwe, Senegal, Burkina Faso, Italia (cittadini italiani temporaneamente residenti in Sudan).
Uno degli obiettivi del progetto è favorire i rapporti dei paesi coinvolti attraverso la reciproca collaborazione in campo sanitario in una regione segnata da decenni di conflitti. Anche per questa ragione, il Centro di cardiochirurgia si chiama Salam, “pace”.

Il Centro Salam di cardiochirurgia è collegato a una rete di Centri pediatrici dislocati nell’area, dove lo staff di Emergency provvede anche allo screening dei pazienti da operare a Khartoum e al successivo trattamento post operatorio. 
Nel marzo 2009 è stato inaugurato il primo Centro pediatrico a Bangui, capitale della Repubblica Centrafricana. Il secondo Centro pediatrico della Rete regionale di pediatria e cardiochirurgia è stato aperto a Nyala, in Sudan, lo scorso luglio 2010. Altri Centri sono previsti a Port Sudan, in Sudan, e a Goma, in Repubblica Democratica del Congo.

Emergency è promotrice della Rete sanitaria d’eccellenza in Africa (ANME), nata per stimolare la costruzione di centri medici di eccellenza in Africa.
I cardini di questo modello sono l’eccellenza della cura e la gratuità. 
L’eccellenza garantisce alti standard clinici dei singoli interventi, la formazione di personale sanitario qualificato, lo sviluppo della ricerca e ricadute positive sullo sviluppo dei sistemi sanitari locali. 
La gratuità è il prerequisito essenziale affinché tutti possano accedere tempestivamente alle cure di cui hanno bisogno.

I risultati si vedono anche alcuni esempi di un nuovo modo di pensare la sanità e la pace in Africa: in Sudan il governo ha deciso di offrire i servizi sanitari gratuiti ai bambini fino a 14 anni; sempre il Sudan, nell’ambito degli accordi di pace con il Ciad ha deciso di finanziare un centro d’eccellenza da costruire in Ciad.

Il 10 e l’11 febbraio 2010, Emergency e il ministero della Sanità sudanese hanno organizzato a Khartoum un incontro regionale con i ministri e le autorità sanitarie di 11 paesi africani per rafforzare la collaborazione tra i paesi che partecipano alla Rete sanitaria d’eccellenza in Africa (ANME).

“Costruire medicina in Africa. Strategia di realizzazione della Rete sanitaria d’eccellenza” è il titolo del workshop internazionale che Emergency ha tenuto a Venezia, sull’isola di San Servolo, il 13 e il 14 ottobre 2010. Sono intervenuti i ministri e le delegazioni dei ministeri della Sanità di Repubblica Centrafricana, Ciad, Repubblica democratica del Congo, Gibuti, Egitto, Eritrea, Etiopia, Ruanda, Sierra Leone, Somalia, Sudan e Uganda.

Durante l’incontro avvenuto ad Alpette nella seconda metà del mese d’agosto lei ha mostrato in carrellata le immagini di molti centri Emergency in Africa e in Asia. Vi si poteva leggere una grande cura verso l’ambiente degli ospedali e le aree circostanti; inoltre lei ci ha spiegato come la perfetta efficienza delle strutture e delle attrezzature non vengano mai meno nei vostri centri. Costituiscono un risultato da raggiungere in modo completo. Come riuscite ad arrivare a livelli tanto elevati in paesi e ambienti così difficili?

Ospedale deriva da “ospitale” e questo non a caso. Chi vive momenti terribili, con il corpo ferito o mutilato ha diritto a essere curato. E questo non vuol dire solo salvargli la vita, ma curarlo in un ambiente che sappia “accoglierlo”. Nei paesi dove operiamo la maggior parte degli ospedali pubblici sono fatiscenti, inospitali appunto. La filosofia di Emergency, e in questo Gino è quasi maniacale, vuole che si costruiscano “ospedali ospitali”, dove i pazienti (tra l’altro in maggioranza bambini) si sentano veramente curati e protetti. Ambienti belli, puliti e sempre con un bel giardino.

Un grande contributo è anche venuto da Raul Pantaleo, l’architetto che dal Salam cura tutti i progetti di Emergency. Una persona eccezionale, sia per le capacità professionali sia per l’umanità e la sensibilità nell’approccio ai Paesi in cui si va a intervenire.

Come si riesce a fare tutto ciò in paesi e ambienti così difficili? Con la consapevolezza che, anche se si va per aiutare, si va in casa loro. Si rispettano la loro storia e la loro cultura, si dialoga, si parla di pace e di salute, si coinvolge nel lavoro la popolazione locale. Tante cose che unite alla storia di Emergency aprono le porte. Ovviamente rigorosamente senza mazzette. Altrimenti non sarebbe possibile costruire un Centro come il Salam con circa 12 milioni di euro, oppure il nuovo Centro Pediatrico di Nyala con solo 800.000 euro.

C’è una piccola parte di lavoro di Emergency che può suscitare curiosità, ma forse anche qualche perplessità nei nostri lettori. È quella parte di attività che vi vede impegnati in Italia. Perché? Qualcuno potrebbe chiedersi: è forse l’Italia un paese di guerra? Eppure voi avete iniziato ad aprire nel nostro Paese dei Poliambulatori che offrono assistenza socio-sanitaria ai migranti: medicina di base, pediatria, odontoiatria, oculistica, otorinolaringoiatria, ostetricia e ginecologia, cardiologia… Il primo è stato aperto a Palermo. Emergency ritiene vi sia la necessità di affiancare il sistema sanitario nazionale? Oppure vi sono bisogni che il nostro sistema pubblico non è in grado di soddisfare?

Il primo a Palermo e il secondo a Marghera. Fanno parte del Programma Italia, che meriterebbe un approfondimento a parte. In Italia spendiamo più di 24 miliardi di Euro l’anno (l’equivalente di una finanziaria lacrime e sangue) in armamenti. Mentre sulla sanità, sulla scuola e sulla ricerca si continua a tagliare lasciando le briciole. Forse così non è fare la guerra, oltre che in giro per il mondo, anche ai propri cittadini? Compriamo decine di caccia-bombardieri F35 con un costo di 15 miliardi di euro, per farne cosa? Distruggere invece che costruire scuole e ospedali. In nome della “libertà”, la classe politica italiana ha scelto la guerra contro i propri cittadini costruendo un sistema di privilegi, basato sull’esclusione e sulla discriminazione, un sistema di arrogante prevaricazione, di ordinaria corruzione.

In nome della “sicurezza”, la classe politica italiana ha scelto la guerra contro chi è venuto in Italia per sopravvivere, incitando all’odio e al razzismo. Da sempre Emergency è la voce dei deboli e delle vittime nei Paesi in cui opera. Ci siamo chiesti: siamo italiani, possiamo stare a guardare quello che succede in Italia? Da queste considerazioni nasce anche il Manifesto del mondo che vogliamo, lanciato a Firenze nell’incontro nazionale dell’anno scorso.

Ancora una domanda sull’Italia. È vero che avete proposto alla Regione Piemonte la costruzione di un Poliambulatorio a Torino, ma avete ricevuto un rifiuto? Il progetto prevedeva dei costi per gli enti pubblici?

Questo è un caso emblematico. Il Comune di Torino ci ha concesso in uso dei locali in Via Giachino. Noi abbiamo fatto il progetto e stanziato i fondi (circa 500.000 euro) necessari per la ristrutturazione, l’allestimento e la gestione del Poliambulatorio, dove il personale medico sarebbe stato volontario, come a Palermo e Marghera, lavorando gratis. Avremmo dovuto avere l’ok dell’Asl per il ricettario, ma ci è stato detto che a Torino Emergency non serve, sarebbe stata un doppione. Così abbiamo dovuto cancellare il progetto.

Peccato, sarebbe stato un poliambulatorio destinato ai più poveri e ai migranti, capace di offrire prestazioni in particolare a quella zona grigia di persone, come immigrati non regolari, che spesso hanno grandi difficoltà ad accedere alle cura sanitarie. Stranieri extracomunitari, magari incapaci di comprendere l’italiano, per i quali le intricate operazioni burocratiche necessarie anche per fare un semplice esame del sangue rischiano di essere scogli insormontabili. Chiedevamo lo stesso riconoscimento previsto al Sermig e al Cottolengo, mentre la Regione comunque ha tagliato anche gli investimenti nei centri Isi.

Quali sono gli eventi – incontri pubblici, conferenze – previste per il prossimo futuro nella provincia di Torino?

La situazione per noi è sempre in continua evoluzione e molte volte gli eventi ci “piovono” addosso. Dopo una breve pausa estiva e dopo l’incontro nazionale di Firenze metteremo mano al calendario delle iniziative per l’autunno-inverno e per il 2012. Informazioni aggiornate in tempo reale si possono trovare sul sito www.emergencypiemonte.it alla voce iniziative. Lì si troverà sempre modo di incontrare e sostenere Emergency.

Intervista a Ivana Mighetto

Insegnante e Volontaria di Emergency

 

Lei lavora in campo educativo, come insegnante opera in una ludoteca di Torino, ed è anche una volontaria di Emergency, collegata al Gruppo territoriale di Torino. È vero che è riuscita a coinvolgere anche i bambini con cui lavora nell’opera di volontariato in favore di Emergency? Come li ha coinvolti? Che cosa avete fatto insieme? Come vi siete resi utili per Emergency? Vuole raccontarci l’interessante esperienza che lei ha condotto?

Sono insegnante elementare distaccata sulla ludoteca Serendipity che si trova in corso Orbassano 264 a Torino. La ludoteca Serendipity è uno dei Centri di Cultura che Comune di Torino e I.T.E.R. (Istituzione Torinese per una Educazione Responsabile) mettono a disposizione delle scuole e della libera utenza, ovvero bambini e ragazzi in età compresa fra zero e quattordici anni, non c’è limite di età per soggetti svantaggiati. I bambini possono stare in ludoteca da soli (dai sei anni in su) o accompagnati da un adulto, se più piccoli.

Le attività legate ad Emergency sono state di diverso genere, quella di cui ho accennato ad Alpette riguarda un percorso intitolato “Dai bambini di Serendipity per i bambini del Sudan”, vi hanno partecipato alcune classi di scuola primaria e secondaria di primo grado di Torino e di Ferriera e Buttigliera Alta, in Val di Susa, nonché una classe dell’Istituto Tecnico Santorre di Santarosa di Torino. Si è incominciato con incontri presso le scuole con volontari di Emergency che, oltre a descrivere gli obiettivi dell’associazione, hanno cercato di sensibilizzare i bambini su Pace e Diritti. Nel laboratorio della ludoteca e/o nelle scuole, i ragazzini hanno realizzato oggetti di diverso genere che sono stati venduti alla fine dell’anno scolastico, molti genitori e nonni hanno collaborato con i bambini nella realizzazione di manufatti. Con questo progetto abbiamo raccolto più di 2000 euro.

Ho avuto occasione di conoscere la sua iniziativa con i bambini, con finalità doppiamente educativa, in occasione dell’incontro di Emergency ad Alpette: personalmente sono stata molto colpita dal suo racconto. Dunque: lei, i genitori, i bambini siete riusciti a raccogliere una sommetta niente male, destinata ad Emergency (340 euro se non mi sbaglio); avete spedito il vostro contributo e avete specificato a cosa doveva servire, è così?

Anche gli utenti pomeridiani della ludoteca sono, oramai da alcuni anni, “amici di Emergency”, e hanno collaborato con diverse iniziative a raccogliere fondi. Quella raccontata ad Alpette è stata la prima di una serie di iniziative: anche in ludoteca avevamo costruito oggettini di diverso genere, prevalentemente con materiale di recupero, oggetti che sono stati venduti in occasione della consueta “Festa delle buone vacanze”. In questa occasione sono stati raccolti i primo euro, circa 340 appunto, che sono stati inviati a Emergency con la motivazione che fossero destinati all’allestimento della Sala giochi, prevista al Centro Salam, in costruzione. Vale a dire: i bambini di una ludoteca si sono impegnati per raccogliere fondi affinché altri bambini lontani disponessero, come loro, di uno spazio dedicato al gioco, anche se in un contesto assai diverso.

Dopo un certo tempo però è successo qualcosa di strano, e lei ha ricevuto una telefonata, nella quale un reponsabile di Emergency le faceva una richiesta… continui lei…

Sì, è così. A settembre mi contattarono dalla Sede di Milano per chiedere l’autorizzazione a “dirottare” quegli euro su un progetto più urgente: la costruzione di un pozzo nell’ospedale del campo profughi di Maio, in Darfur. Il pozzo sarebbe servito, oltre che a fornire l’acqua indispensabile per tutte le funzioni dell’ospedale, anche a consentire la crescita di erba in un pezzo di prato che si stava “inventando”, in mezzo alla sabbia e alla polvere del campo. Il prato avrebbe avuto proprio lo scopo di consentire, soprattutto ai bambini, di avere uno spazio di serenità in quell’inferno che è un campo profughi, magari per giocarci a pallone.

Ovviamente la mia risposta è stata di assoluta disponibilità: in fondo sempre di “diritto al gioco” si trattava, ho detto che noi avevamo raccolto e inviato i soldi, che li destinassero pure ai progetti più urgenti.

La risposta è stata che “quando dei fondi sono destinati ad un progetto, prima di cambiare la destinazione, Emergency, se ha modo di contattare il donatore, lo informa e chiede di essere autorizzato alla variazione”.

Già non avevo dubbi sulla serietà di Emergency, ma questo contatto mi rese ancora più consapevole che scegliendo Emergency come Associazione cui dedicare qualche briciola del mio tempo, avevo fatto proprio la scelta giusta!

Come è continuata la sua collaborazione volontaria? Ci sono stati altri progetti educativi con i bambini? Ci saranno in futuro?

In ludoteca ogni anno facciamo il “Calendario per Emergency” e al progetto “Dai bambini di Serendipity per i bambini del Sudan” ha fatto seguito il percorso “Diritto al gioco in tempo di guerra” che ha lo scopo di verificare se l’articolo 31 della Convenzione Internazionale per i Diritti dell’infanzia viene rispettato. Anche in questa occasione abbiamo portato nelle scuole la testimonianza di una infermiera di Emergency che ha visto e raccontato come trascorrono le giornate i bambini che vivono dove c’è la guerra, abbiamo ascoltato il racconto di chi fu bambino ebreo durante le leggi razziali oltre a tanti racconti di nonni e conoscenti dei bambini e ragazzi che hanno partecipato al progetto.

Credo che continuerò a far parte del “Gruppo scuola” di Emergency e a dare la disponibilità per mercatini vari. In ludoteca continuerò a proporre iniziative a bambini e genitori. Per questo devo ringraziare il Comune di Torino che ha consentito di far entrare il sostegno ad Emergency fra le iniziative programmate. Non è stato né facile né immediato, ma ce l’ho fatta. Se avrà occasione di venire a Torino, magari a trovarmi in ludoteca, potrò mostrarle una piccola pubblicazione che abbiamo realizzato con i ragazzi. L’invito è aperto ai lettori di Oltre.

 

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