TORINO CON OCCHIO SVIZZERO

TORINO CON OCCHIO SVIZZERO

(pubblicato sul n. 4 della rivista InOgniDove)

Torino attraverso gli occhi del fotografo Richard Forster

Intervista a Richard Forster

 

Torino attraverso gli occhi del fotografo Richard Forster

Richard Forster è un fotografo ginevrino, membro della prestigiosa Societé Genevoise de Photographie, dove ogni anno tiene corsi annuali sulla fotografia. Ingegnere, dopo aver lavorato per alcuni anni nell’ambiente industriale, si è dedicato all’insegnamento di carattere universitario, ma la sua passione è da sempre la fotografia.

Negli ultimi anni le ha dedicato buona parte della sua giornata e dei suoi interessi. La dedizione alla fotografia l’ha portato a partecipare a numerose mostre internazionali e a sviluppare la comunicazione relativa alla sua arte attraverso la rete. Esauriente e ricco di materiali, il suo sito in Internet attrae molti visitatori.

Non vi sono dati della tecnica fotografica che costituiscano per lui un segreto, e neppure ambiti e aspetti del fare fotografia che lui non eserciti, tuttavia è ben riconoscibile nelle sue immagini un filo conduttore che unisce tra loro foto apparentemente diverse nel genere.

È chiaro da subito che la figura umana, in rapporto all’ambiente e alla architettura circostante, è un fulcro del suo interesse, o talvolta le cose stanno al contrario: è l’architettura del luogo ad essere protagonista e la figura umana costituisce misura di rapporto.

Ma bisogna intendersi sul significato di architettura: essa non è solo l’arte di disporre o adornare gli edifici innalzati dall’uomo, ma va intesa anche come struttura profonda dell’ambiente, come complessivo gioco di luci, di ombre, di volumi che la disposizione degli elementi offre, sia nell’artificio creato dall’uomo, ma anche in natura, la quale offre una sapiente visione di ordinamento degli spazi e delle linee.

Anche il corpo umano, come costruzione fatta di pieni e di vuoti, di articolazioni di volumi e di spazi, come fonte di percezione che le parti offrono più o meno armoniosamente, fornisce materiale di interesse e di indagine fotografica, la quale insiste sugli effetti sensoriali che la componente visiva trasmette. Oltre che per la fotografia d’arte, che si esprime con predilezione per Forster nelle forme del nudo femminile, il fotografo ha colto il nostro interesse per le sue immagini di valore naturalistico e paesaggistico, riprese per macchie mediterranee come in ambienti alpini.

Più ancora ci ha incuriosito il suo reportage sulla città di Torino. Forster l’ha visitata e le ha dedicato un servizio. Con una curiosità. In questo caso la figura privilegiata che entra nel contesto fotografico dell’inquadratura non è fornita da una persona in carne ed ossa ma da un pupazzo.

Scopriamo così che la mascotte, denominata Lapinou, ha accompagnato il fotografo in diversi viaggi, essendo entrata a far parte della sua lunga storia professionale già da molto tempo. Il coniglietto di pezza, che potrebbe apparire come il lezioso espediente di un fotografo in erba, nelle sue mani diventa uno strumento davvero efficace per creare, di volta in volta, un’interrogazione rivolta all’ambiente, un’attesa, un colloquio silenzioso fatto di gesti e posture, un rapporto con e fra le parti del paesaggio circostante, dove anche lo sguardo del pupazzetto, a seconda che si direzioni verso qualcosa, o le volti le spalle, offrendo o rifiutando la sua attenzione, si satura di significato comunicativo.

Occorre dire che Richard Forster ne fa un uso sapiente, depurato da pericoli di melensaggine: la figurina che si staglia in primo piano o sullo sfondo, che alza o abbassa le sue orecchiette, che avanza con una sua gamba/zampetta, che piega leggermente la sua testa in una direzione o nell’altra, suggerisce una visione filosofica del paesaggio, e qualche volta per sottrazione, qualche altra per sovrapposizione, per contrasto o analogia, ne evidenzia caratteristiche e specificità.

Il fotografo ci restituisce così un’immagine del nostro capoluogo ricca di interrogazioni, di suggerimenti riflessivi, di nuove suggestioni.

Abbiamo pensato di offrirvene la visione.

È un po’ come scoprire qualcosa che conosciamo bene, o crediamo di conoscere bene, con nuovi occhi.

 Intervista a Richard Forster

Lapinou camminava lungo via Po davanti a te, procedendo da piazza Castello verso la Gran Madre, ed ecco che all’improvviso, gettando lo sguardo nello spazio ristretto dell’arcata, si è trovato alla sua sinistra lo scorcio della Mole. Una sorpresa per Lapinou, Richard?

Sì, esattamente. Mi è molto piaciuto andare in giro con Lapinou come un turista inizialmente poco informato. Mi piace molto avere un approccio diretto con le diverse realtà, poco mediato da pre-giudizi. Con i suoi 167 metri d’altezza stagliati di scorcio nel cielo torinese è scattatato immediatamente il raffronto con la torre Eiffel di Parigi. Naturalmente subito dopo mi sono informato e ho appreso la storia curiosa della Mole che inizialmete doveva essere una sinagoga. Non sapevo che fosse la più alta costruzione in cemento d’Europa del 19° secolo.. Sono salito sull’ascensore che sale a 70 metri d’altezza da vero turista.

Posso dire che Lapinou non conosceva per nulla Torino, dove siamo venuti per visitare degli amici: l’abbiamo trovata davvero molto interessante. Lapinou sapeva solamente, per aver partecipato a Carouge, città svizzera non lontana da Ginevra, alla manifestazine per il 225° anniversario della nascita di quella città, che essa era legata a Torino per alcuni tratti comuni della loro storia. Infatti i Duchi di Savoia la rinnovarono completamente per fare concorrenza a Ginevra. Il risultato fu una città con una pianta a scacchiera su cui spiccavano gli isolati quadrati di case regolarmente ordinati. Molte delle case in stile neoclassico e molti dei giardini nei cortili interni si sono mantenuti in buone condizioni fino ad oggi.

Ti dirò di una curiosità. Quando a Carouge si è svolta la festa commemorativa per la nascita della città, la Place de Sardaigne è stata trasformata, nel suo aspetto, nella Piazza San Carlo di Torino, con un risultato stupefacente. Ma quando ho scoperto quella vera, la vera Piazza San Carlo, nel cuore della quale troneggia la statua equestre del Duca di Savoia Emanuele Filiberto, ho capito perché meritasse di essere chiamata “la piazza reale”. Ne ho apprezzato i portici che l’attorniano e consentono di ospitare mostre di quadri; deliziosi i caffè letterari che vi si aprono e le facciata della chiesa dedicata a Maria Cristina di Francia, con la sua grande finestra ovale.

Dunque tu e Lapinou siete saliti sulla Mole a vedere dall’alto la città. Peccato per quelle tende antiestetiche ai balconi delle prime case, proprio sotto la Mole. Eppure così sono le città: la vita quotidiana si mescola al fascino del passato, la storia offre sguardi che esprimono visioni dall’alto, in senso metaforico, però poi la vita scorre facendo i conti con le piccole e grandi necessità del presente. Tu come hai percepito questo contrasto nella città?

Lo si percepisce quasi sempre, in qualunque città, ma naturalmente ciò che è rimasto nel cuore è la grandeur et la majesté delle strade e dei monumenti visitati a Torino.

Nelle foto che hai scattato dall’alto si coglie subito il senso della città a pianta romana, con le vie ben disegnate che si muovono secondo parallelismo e perpendicolarità. Si tratta di una visione del mondo razionale, squadrata: Lapinou l’ha apprezzata?

È stato felice di scoprire il disegno rettilineo delle strade, nel quale Torino non differisce dalle altre grandi capitali europee, come Parigi e New York: sono tutte città forti, razionali, e lui, non conoscendo la lingua italiana, è stato lieto di avere poche occasioni per perdersi, e buoni riferimenti per orientarsi. Però avrebbe sempre potuto contare sulla gentilezza dei passanti!

Mentre passeggiava per la città Lapinou era piacevolemte sorpreso di trovare tante strade che, anziché essere asfaltate, erano ricoperte di grossi lastroni di pietra, elemento architettonico che oggi viene ampiamente ripreso dall’architettura contemporanea.

So che ti ha stupito l’essenzialità del nostro Duomo, severo nelle sue linee architettoniche, unico esempio visibile dell’arte rinascimentale della città, costruito su pianta a croce latina, sobrio per non dire austero. Lapinou esce camminando lungo la navata centrale, vestito con straccetti colorati e sussiegoso come un principe reale. Quanta importanza nel suo atteggiamento…

Come ogni buon turista, Lapinou doveva visitare la Cattedrale di Torino dove un incendio aveva gravemente danneggiato la cupola del Guarini nel ’97; ma è vero, è rimasto sorpreso di scoprire un aspetto interno molto austero, in contrasto con i gli interni barocchi tipici di molti edifici torinesi; cionondimeno ha potuto ammirare le tavole scampate all’incendio riccamente decorate.

Torino è una città di acque, vi scorrono Po, Dora Riparia, Stura e ai margini Sangone. I fiumi segnano la vita della città, sottolineano con i loro caratteri di natura gli aspetti stagionali e, in fondo, umorali. Ti piacciono i nostri fiumi?

Lapinou ha potuto rilassarsi, come tutti i torinesi, sulle rive del Po, grande fiume tranquillo che invita al rilassamento e alla meditazione. Anche io, quando mi trovo nella mia città natale, Ginevra, mi riposo sulle sponde del fiume Rodano.

L’aspetto migliore della nostra città è quello della cultura, dell’arte. Noi torinesi ne siamo fieri.Vedo Lapinou allontanarsi dalla facciata di Palazzo Reale, alle sue spalle lascia la splendida scultura di Pomodoro disposta sul piazzale. È soddisfatto di quanto ha visto? E tu, Richard, sei stato appagato nel tuo senso artistico da quanto Torino ti ha offerto?

Ne sono rimasto incantato. Le sculture d’avanguardia di Arnaldo Pomodoro, erette di fronte a Palazzo Reale, danno netto risalto, per contrasto, a tutte le bellezze antiche disseminate nella città.

 

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