Colloquio/Intervista fra Elsa Graffi e Letizia Gariglio

Fessure è il titolo della prima raccolta di racconti contenuti nel tuo libro La felicità è momentaneamente occupata. Sono spiragli, colpi d’occhio nella vita di una donna. È così?

Sì, sono squarci improvvisi, feritoie da cui si possono cogliere istanti, episodi, momenti, accadimenti, sentimenti nella vita di una donna. La donna dei racconti in Fessure porta sempre lo stesso nome, a suggerire che potrebbe trattarsi dello stesso personaggio. Forse la storia narra la vita di una sola donna. Ma forse non è così. Non si sa, tuttavia il succedersi degli eventi, dal primo incontro all’ultimo, è disposto in una direzione che possiede un senso cronologico, secondo un prima e un dopo. Età, tappe di vita si susseguono, dalla pre-adolescenza ad una vecchiaia inoltrata, quando anche la mente non regge più il confronto con la complessità della vita. In ogni caso in ogni racconto vi è una presenza femminile, una sensibilità che accomuna le donne.

In Attesa, la prima storia, la protagonista è nella fase della pre-adolescenza, assapora la libertà che solo una nonna può dare. Persino le vacanze da una nonna lontana sono più esotiche, quando aspetti lui: il primo lui, il primo amore. E nell’attesa della vacanza a venire anche le stagioni sembrano susseguirsi in un lampo e attaccarsi l’una all’altra, indelebilmente, come se il resto del tempo non esistesse più. Però nel tuo racconto il primo amore saprà elegantemente e inesorabilmente sparire come una particella del tempo esistenziale, piccola cicatrice di un’adolescenza.

Che sia una prerogativa maschile, il distacco, che si ripropone a ogni Lisa, a ogni donna? Tu dici piccola cicatrice, e qui non concordo. La protagonista della storia vive il distacco come un abbandono. Peggio, come una promessa di tutti gli abbandoni a venire. Così l’abbandono si presenta anche nella storia Sentirsi speciali, quando la donna sembrerebbe nel pieno della sua giovinezza e la felicità quasi a portata di mano. E infatti il distacco, l’abbandono lasciano una ferita così profonda da uccidere, o almeno da uccidere una parte dell’anima, che come un vecchio involucro, un vestito dismesso, rimarrà a terra.

Prima però la protagonista, in Essere ninfea ha l’occasione di vivere pienamente il tempo dell’amore, la piena consapevolezza del significato dell’appartenenza al genere femminile.

È così. Vive pienamente l’aspetto femminile dell’accoglienza, che è a mio parere la quintessenza del modo di amare femminile, in cui prevale il desiderio di ricevere, ma in questo modo il femminile soddisfa il desiderio di colui il quale vuole donare: nel ricevere femminile sta il dono al maschile. La donna desiderata è il desiderio, e il desiderio vuole ricevere per poter donare.

Il tempo del reciproco scambio ha fine e Sentirsi speciali è un inganno, un velo bucherellato che nasconde la verità-sogno. E se la felicità può rappresentarsi in una relazione vissuta nel tempo caldo della materia fisica, quando poi il freddo di una realtà indesiderata arriva, allora o si accetta la condizione o si entra in un altro gioco, che fa muovere ancora.
C’è un grande senso di solitudine nei racconti di Fessure, è vero?

La solitudine è prepotente, aumenta con l’accumularsi delle esperienze della protagonista. Così la piena maturità vede Lisa dibattersi, rifiutare il silenzio, segno del vuoto impresso dalla solitudine: lei cerca di riempire il vuoto con suoni fittizi. Per lei è una specie di incidente imbattersi sullo schermo televisivo (in Matrimonio) con immagini che dapprima sembrano innocue, in quanto estranee alla sua realtà personale. Non si aspetta che l’uomo sullo schermo, che pare dapprima una specie di troglodita, possa assumere le vesti di un uomo ideale, perfettamente aderente alle esigenze della sua donna, in cui Lisa non può fare a meno di identificarsi. E allora si scatena l’inferno.

Già, in Matrimonio entrano in gioco di prepotenza immagini di tutto ciò che poteva essere e non è stato, perché si è distrutto, e solo le altre sono amatissime e fortunatissime, perché c’è solo il bello della donna amata come femmina primordiale. E quando il tempo avrà sedato il dolore, ci saranno tuttavia guizzi di rimpianti. In Effetti epagomeni il pane di Natale, ultimo fagotto caldo che la donna metaforicamente non riesce più a trascinare con sé, cade nella spazzatura: ennesimo sogno che si frantuma. Lì le altre donne, il mondo delle mogli, delle madri e delle nonne di ideali famiglie, si ergono come un coro greco. Lisa fa un ultimo tentativo per ammansirlo, rassicurarlo, prima di precipitare in una condizione di vergogna inespressa.
La più ironica delle storie di Fessure è Palpiti d’amore di tamalou. Lì l’età di Lisa e delle amiche ha voltato oltre la metà. Che accade?

Beh, le ragazze cercano innanzi tutto di resistere al tempo. Non ricorrono ad artifici per modificare la forma, l’attenzione non è rivolta al corpo: niente botulini, per intenderci. Però cercano di tenersi attive, e lo sono: con la mente e, perché no, con i sentimenti e le emozioni amorose. Usano il più grande antidoto contro lo spegnimento delle energie: l’amore. Fatto sta che la protagonista viene coinvolta in un appuntamento che potrebbe sfociare in un interesse quasi amoroso…

È osservata con attenzione dalle amiche. Che prevengono, sostengono, accompagnano… ma come andrà a finire?

Ah, l’incontro si trasformerà in un duetto in cui lui e lei, ormai piuttosto anzianotti e malfermi, per quanto ancora indomiti, scopriranno la gioia della condivisione delle loro affinità elettive: le malattie, che tormentano entrambi, oppure l’uno e l’altro; così l’incontro si trasformerà in una competizione basata sulle infermità dei due tamalou.

Poi, quando inizia l’ultimo racconto, Il sole piega a occidente, ci si trova in una condizione di distensione, in una natura senza tempo, pronta ad accogliere.

Anche la protagonista sembra essere senza tempo, in un tempo indefinito, un tempo privo di memoria. Anzi, tutto il racconto è fondato sul tema della memoria e su un equivoco che riguarda i due personaggi, le età, i loro reciproci ruoli.

Il sole piega inesorabilmente a occidente…

Sì, occorre accettare. Ciò che conta è che la protagonista abbia passato il testimone.

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