FEUDATARI E SERVI DELLA GLEBA (pubblicato su Parole in rete, febbraio 2024)

Ho terminato di leggere “Tecnofeudalesimo. Cosa ha ucciso il capitalismo”, di Yanis Varoufakis, uscito nel novembre 2023 per La nave di Teseo Editore, Milano. 

Yanis Varoufakis è stato ministro delle Finanze della Grecia nel governo Tsipras. Nato ad Atene si è laureato in Matematica ed Economia presso l’Università dell’Essex, Birmingham. Ha insegnato in varie università inglesi e presso l’Università di Sydney. Attualmente è professore di Teoria Economica all’Università di Atene e visiting professor alla Lyndon B. Johnson School of Public Affairs della University of Texas di Austin. È tra i fondatori del movimento politico DiEM25, acronimo per Democracy in Europe Movement, che ha come obiettivo democratizzazione dell’Europa.

Alla fine dell’anno 2023 , al profilarsi dei festeggiamenti per l’entrante 2024, Varoufakis aveva lanciato un appello: «I festeggiamenti di quest’anno cadono nel momento in cui si verifica un genocidio che stigmatizzerà la nostra generazione. Sì, dobbiamo prenderci cura dei nostri cari, celebrare i loro successi, prenderci cura di coloro che necessitano della nostra attenzione. Ma non possiamo festeggiare liberamente quando migliaia di bambini vengono massacrati in “Terra Santa” con la piena complicità della “nostra” Unione Europea». 

Il libro contiene un testo molto complesso e corposo (283 pagine), tuttavia mai noioso, la materia si alleggerisce con passi leggeri e accattivanti che inducono alla comprensione di un argomento economico difficile (almeno per me). 

E’ scritto sotto forma di lettera informale, diretta al padre, scomparso, storico militante comunista, incarcerato ai tempi della dittatura: un puro e duro a cui il figlio è costretto a spiegare, in un certo senso, l’inutilità dei modelli di pensiero del materialismo storico, del tutto inadeguati a interpretare il mondo di oggi. Il modello letterario della lettera consente all’autore uno stile di scrittura informale.

L’autore  espone nel volume la sua tesi, cioè che il capitalismo sia ormai defunto, sostituito dal Tecnofeudalesimo. Chi sarebbe l’assassino? Il capitalismo stesso. L’assassino ha avuto due complici: la privatizzazione di Internet da parte delle Big Tech americane e cinesi, e i comportamenti dei paesi occidentali nella gestione della grande crisi economica del 2008.

I due grandi pilastri del capitalismo, i mercati e i profitti, sono stati rimpiazzati dalle piattaforme di trading digitale che assomigliano ai mercati, ma in realtà sono feudi. Il profitto, in buona sostanza, è stato rimpiazzato dal suo predecessore di età feudale, vale a dire la rendita (che viene pagata da tutti noi (compresi privati, enti e aziende) per l’accesso alle piattaforme cloud. 

Esistono ancora i proprietari “vecchio stile”, così come il capitalismo li presentava: padroni di industrie, di fabbriche, di reti ferroviarie, reti telefoniche, edifici, ecc., ma essi stessi non si trovano più al centro del comando: sono divenuti vassalli, più o meno vicini ai vertici del comando, o più o meno vicini ai servi della gleba: tutti noi.

Nella sua analisi Varoufakis a un certo punto si chiede: che cos’è  il capitale? Non il denaro, non le armi… All’inizio il capitalismo era facile da definire: beni materiali che servivano a produrre altri beni materiali. M «la sua seconda natura», ci dice l’autore, «è il potere ineffabile di comandare gli altri». La transizione dal Feudalesimo al Capitalismo coincise con il trasferimento di potere di comando dai proprietari terrieri a coloro che erano proprietari di beni capitali: «La mercificazione a livello mondiale di terre precedentemente comuni ha permesso al Capitalismo di raggiungere la supremazia in tutti gli angoli del mondo». Così la forza nascosta del Capitalismo, quella del comando, ha rimodellato il mondo dai suoi inizi, avvenuti circa 200 anni fa, fino ad oggi.

Oggi si assiste a una nuova forma di capitale, con una capacità di comando prima mai sperimentata.

Il nostro Autore di racconta le sue esperienze casalinghe personali con Alexa e con l’Assistente Google; narrandoci del suo intrappolamento personale ci mette in guardia. 

Perché parla di “intrappolamento”? Perché, ci spiega, «Ciò che comincia con noi che insegniamo ad Alexa a fare cose per conto nostro ben presto sfugge al nostro controllo e si trasforma in qualcosa che non possiamo né capire né regolare. Tuttavia, con dispositivi basati sul cloud , ci troviamo in una strada a doppio senso sempre attiva  tra la nostra anima e il sistema basato sul cloud che si nasconde dietro la voce suadente di Alexa. Per usare le parole dei filosofi, Alexa ci intrappola nel più dialettico dei regressi senza fine». Dunque, se non ho capito male, noi, con le nostre  domande e le nostre interazioni (volontarie o involontarie, dal momento che Alexa ascolta sempre) la stimoliamo a operare per conto nostro, ma lei impara a conoscerci, anche mentre gironzoliamo in casa nostra, andiamo in bagno, mangiamo, diciamo parolacce, telefoniamo, e farà tesoro della conoscenza che acquisirà di noi per elaborare per noi, proprio per noi, solo per noi, risposte pertinenti alle nostre domande, saggi consigli e proposte allettanti. Ciò che noi insegniamo ad Alexa con parole o con le nostre abitudini e i nostri comportamenti viene tradotto in algoritmi, su cui noi non abbiamo nessuna possibilità di intervento, e grazie a ciò lei diventerà in grado di istruire noi. In che modo? Con piccole esortazioni, proposte di video o testi o musica o titoli di libri, anticipazioni di nostri desideri, di cui noi dapprima siamo un po’ stupiti e un po’ compiaciuti: insomma ci abitua un po’ per volta ad accettare le sue proposte; e in questo modo ci addestra ad addestrarla. Persuasi un po’ alla volta a lasciarci attrarre da qualche proposta giunta dai suoi algoritmi (dunque pertinenti per noi) finiamo con l’essere materiale redditizio per i suoi proprietari, che acquisiscono nei nostri confronti il potere di intervenire sul nostro comportamento. «Le macchine come Alexa», ci avverte Varoufakis «o perfino le impressionanti chatbot IA, come ChatGPT, sono ben lungi dalla temuta singolarità (N.d A. : la singolarità è il momento in cui la macchina acquisisce una propria coscienza). Possono fingere di essere senzienti, ma non lo sono e, probabilmente, non potranno mai esserlo. Ma anche se sono più stupide di uno strofinaccio bagnato, il loro effetto può essere devastante, il loro potere su di noi esorbitante».

Siamo noi stessi i preziosi fornitori del capitale cloud: noi che interveniamo e postiamo su Facebook, su Instagram, su TikTok … ecc., immettiamo testi e video, foto, scriviamo battute, aforismi, commenti, insulti, barzellette, noi che diamo le nostre posizioni in tempo reale a Google Maps: noi siamo gli inconsapevoli o semiconsapevoli autori della ricchezza di questi nuovi capitalisti. Non c’è bisogno di stipendiarci: noi lavoriamo gratuitamente, spinti dal nostro “divino” bisogno di imitare il Creatore, cioè di creare, di esprimerci, di mostrarci ad amici e nemici: noi siamo «i servi della gleba che si offrono spontaneamente di lavorare senza retribuzione per il beneficio dei suoi proprietari. Mentre i vecchi capitalisti potevano sfruttare solo i loro dipendenti i cloudisti beneficiano di un tipo di  sfruttamento universale; il capitale cloud è diventato strumento di comando e nello stesso tempo forma di riscossione di rendita ottenuta dall’accesso dei consumatori.

In sostanza l’ipotesi dell’Autore è che le big-tech abbiano sostituito i mercati con feudi cloud, cioè con piattaforme digitali di scambio che pur assomigliando vagamente ai mercati non sono tali e che abbiano sostituito i profitti con canoni cloud, cioè  quelle rate di pagamento che vengono versate per l’accesso ai feudi cloud, e che costituiscono le loro cospicue rendite.

Impossibile non andare col pensiero a Emanuele Severino, uno fra i più importanti filosofi del Novecento, scomparso nel gennaio 2020. Severino “prevedeva” che la tecnica avrebbe prevalso sul capitalismo e che i mezzi tecnologici sarebbero divenuti egemoni, pretendendo di essere sempre più potenziati, superando gli stessi limiti posti dai loro creatori ed esigendo un potenziamento pressoché infinito dell’apparato tecnologico. In questa ottica prevedeva che la tecnica passasse a essere, da mezzo, fine. Diceva: «Nel tempo della piena dominazione della tecnica accadrà che la politica, la morale, la religione, l’economia, il diritto non saranno più principi regolatori, ma materia regolata, mezzi al servizio dell’etica della tecnica, che prescrive di agire assumendo come scopo l’accrescimento infinito della potenza stessa della tecnica».

Così noi, disattenti fruitori di potenti mezzi tecnologici  che non dominiamo, con la testa un po’ nelle nuvole, arricchiamo l’addensamento di altri nuvoloni, fluttuanti nell’etere, carichi del bottino che noi abbiamo loro donato, e che non solo si aggirano sulle nostre teste distratte, ma ne esigono il dominio.

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