IMPOSSIBILI ALTRE FORME DI PENSIERO di Letizia Gariglio

Impossibili altre forme di pensiero di Letizia Gariglio, articolo tratto dal mensile on line “Parole in rete”

Dopo il precedente articolo “Persuasi ad accettare l’inaccettabile” prosegue il discorso sulle strategie che vengono utilizzate da parte dei potentati internazionali per plasmare il nostro immaginario collettivo e per sovragestirci con strumenti finemente architettati, anzi, per meglio dire, ingegneristicamente architettati.

Riprendiamo da dove abbiamo lasciato nell’articolo di giugno: la macchina da guerra è fortemente impegnata oggi nel diffondere e promulgare l’idea del gender. Che cos’è? 

Facciamo un po’ d’ordine: un tempo esistevano i sessi, che erano noiosamente due, quello maschile e quello femminile. Ma attenzione, già da un certo numero di anni si è iniziato a mormorare, e ora si vocifera a voce piena, che i generi sessuali, in fondo, dipendono dal nostro modo di considerarci: l’identità di una persona non può e non deve – si sostiene – essere ingabbiata in scelte binarie e schemi esigui così ripetitivi. Tutto sbagliato ciò che si è sempre pensato: ora l’identità sessuale di una persona può essere scelta dalla persona stessa e dalla sua percezione soggettiva. Non ti senti allineato con il sesso che (almeno apparentemente) la biologia ti ha assegnato? No problem. Varrà la tua sensazione, indipendentemente dall’età che hai, dalle tue esperienze, da valutazioni (anche cliniche) altrui, da eventuali indicazioni psicologiche… Nulla si potrà intromettere fra te e la tua scelta. Ebbene, questa scelta per così dire creativa è per l’appunto il gender

Ci soffermiamo sulla parola (noi di Parole in rete non facciamo che occuparci di parole: maniaci!): Gender dovrebbe significare semplicemente (in italiano) genere, parola dunque esplicativa del vecchio concetto di sesso, però la parola gender è stata volontariamente caricata della valenza di scelta nell’identità sessuale. Quando si nomina la parola sesso, infatti, oggi si fa riferimento al sesso biologico; ma quando si usa gender ci si immerge nell’ottica del ruolo sociale e culturale che il sesso svolge e ci si orienta alla considerazione che, accanto alle più antiche disposizioni eterosessuali e omosessuali, si affianchino alcuni orientamenti diversi, come quello bisessuale, transessuale, transgender, intersex, queer, questioning, twospirited, e così via…

Perché non si usa in italiano ( e non si induce ad usare) la parola genere?Perché  accettare il neologismo sottintende, insieme alla disponibilità alla penetrazione degli anglicismi nella nostra lingua, anche quella all’accettazione di “nuove” teorie culturali: gli artifici retorici della lingua, non dimentichiamolo, sono potenti nel creare pensiero. Infatti è attraverso le parole che vengono gestite le campagne di persuasione dei “tacchini” di cui si parlava nell’articolo precedente.

Facebook ha dato il suo contributo (in Italia dal 2014, negli Usa parecchio prima) al diffondersi dell’idea di gender. All’atto di iscrizione del nuovo utente, infatti, invece della solita tendina “a due piazze” ( Maschio o Femmina) ha introdotto la possibilità di scelta autonoma. Già nello stesso anno The Washington Post (14 febbraio 2014) aveva fornito un piccolo glossario, al quale era possibile ispirarsi per delineare una più ricca differenziazione  fra le qualità del gender. Ho così imparato che accanto all’antico androgino (in cui i generi si mescolano o si sommano anche fisiologicamente) esistono i bigender, ma anche i cisgender: i primi sono anche chiamati gender fluid, perché alternano volentieri la loro identificazione fra maschile, femminile o mista; i cisgender (non ci crederete, ma c’è posto persino per loro!) sono quelli contenti di identificarsi con il sesso che madre natura gli ha attribuito alla nascita, al contrario dei transgender, fra i quali si distinguono il transuomo e la transdonna. Nonostante mi sia applicata con diligenza faccio fatica a comprendere i quattro sottogeneri e a differenziare fra  transdonna, transuomo, transfeminine, transmasculine. Rinuncio pertanto a riferire, però sono lieta di annunciarvi che dopotutto c’è una voce che mette tutti d’accordo, perché prevede la complessità delle scelte, ed è il termine pangender, nel caso in cui il soggetto si senta ancora incerto nella propria scelta e si stia ancora ponendo delle domande (gender questioning). Ommisignùr!

Ma come si è affermata nel mondo l’ideologia gender? Le basi si ascrivono all’opera di Alfred Kinsey che negli USA fu “inventore” della Heterosexual/Homosexual Scale, dove si individuavano sette gradini di orientamento sessuale (dalla completa eterosessualità alla completa omosessualità, con molti step intermedi di diversa tonalità).

Poi  venne John Money, psichiatra della John Hopkins University, che per primo coniò l’espressione “identità di genere”, studiò le “nuove forme della sessualità”, convinto assertore che “l’identità sessuale è un prodotto della società e, pertanto, duttile e malleabile alla nascita”. Fu propugnatore di quel modo di vivere la sessualità che avrebbe dovuto rendere tutto fluido e possibile, comprese alcune forme (che molti come me ritengono improponibili), come l’erotizzazione dell’infanzia e la pedofilia. L’ideologia di Money lo indusse a pretendere di dimostrare che l’identità sessuale non era altro  che una sorta di sovrastruttura culturale. Come psichiatra lavorò con i bambini e decise di incidere profondamente sui loro corpi e le loro vite. Convinse i genitori di un bambino nato nel 1965 (all’interno di una coppia di fratellini), il quale era stato seriamente deprivato nei suoi organi genitali da un intervento di circoncisione fallimentare, che il loro disgraziato figlio (Nome: Bruce Reimer) avrebbe senza problemi potuto trasformarsi in una femmina se fosse stato allevato ed educato come tale. Così fu fatto e Bruce divenne Brenda. Non fu l’unico esperimento di quegli anni, ma fu probabilmente il più disastroso. Lo psichiatra raccolse numerosi plausi dal mondo scientifico sull’esperimento, poiché Money si autoincensava, mentre Brenda, arrivata all’adolescenza, era disperata, anzi, disperatO, perché non si riconosceva nel sesso femminile. Bruce tentò di reimpossessassi della sua vera identità maschile, cambiò il nome in David (si sentiva impotente di fronte a Golia?). E dopo molte esperienze devastanti per il corpo e la psiche, e infinite indicibili sofferenze (che tuttavia provò a dire) giunse alla scelta del suicidio come unica possibile liberazione dal suo permanente stato di dolore.

Money non solo non ammise il suo fallimento scientifico ma continuò a diffondere l’idea che l’identità sessuale non fosse che una pura convenzione sociale, frutto di anticaglie culturali. 

Brenda non divenne mai una donna, nonostante l’educazione, ma David, malgrado l’orrore di ciò che gli era stato fatto, lanciò accorati appelli affinché le sperimentazioni di Money su altri bambini cessassero. Tuttavia la figura di questa vittima fu ideologizzata e in qualche modo scelta, negli anni in cui visse, per rappresentare quel tipo di uomo “fluido”, deprivato di una identità stabile (persino quella sessuale), svincolato dal suo stesso senso di appartenenza ad entità in cui riconoscersi: siano esse la famiglia, la patria, la nazione, l’etnia, la religione… tutte forme istituzionali e/o culturali appartenenti al passato, a un modello di mondo “vecchio” e di uomo “vecchio”, cui opporre un “nuovo” modello di essere umano svuotato di valori e di riferimenti forti.

Money uscì con un libro (Sexual signatures) in cui si autoincensò  e raccontò meraviglie sulla povera creatura che era (ahimè) stato suo paziente, dichiarando che aveva vissuto un’infanzia felice da vera femmina. In un volume successivo lo psichiatra si dedicò poi allo studio (scientifico, per carità) di alcune perversioni, che però lui chiamava parafilie, come la coprofagia, la necrofilia, il piacere dello strangolamento, e altre, cui dedicò molta energia al fine di decriminalizzarle. Infine si dichiarò pubblicamente favorevole alla pedofilia, in una intervista a Time (aprile 1980) in cui “rivelò” la positività di esperienze sessuali vissute nell’infanzia con persone di famiglia,  e il loro influsso tutt’altro che negativo sul bambino. In questo modo aprì la prima finestra sulla pedofilia.

Il discorso di Money, che giudica le differenze sessuali né naturali né definitive nel tempo, furono entusiasticamente sostenute dalle femministe lesbiche. A tal proposito io vorrei scrivere semplicemente “lesbiche” perché ho sempre giudicato la sovrapposizione dei due termini non corretta e ho sempre insistito affinché le due categorie fossero tenute separate. Ma tant’è…

Intervenne Judith Butler a teorizzare la fluidità del gender e che  propiziò il controllo su famiglia, educazione, e persino conversazioni private (siamo nella “migliore” visione orwelliana).

L’ideologizzazione del gender si sommò alla lotta contro la maternità . Per Shulamith Firestone, poi, lesbica morta suicida nel 2012, il fine ultimo dell’ideologia gender era l’eliminazione dei sessi: riproduzione ottenuta artificialmente – fabbricazione uomo in provetta. La geniale donna propugnò la liberazione sessuale dei bambini e la liberalizzazione dell’incesto. 

Temo di essere stata altamente scorretta  nel definirla “donna” e sono certa che la neo-lingua gender mi saprebbe suggerire un termine migliore.

Un documento molto importante fu, a mio parere, un saggio di Marshall Kirk, neuropsichiatra, e Hunter Madsen, esperto di marketing (After the ball. How the America will conquer its fear & trated of Gays in  90’s, New York, 1989), in cui viene prospettata la “necessità” di una campagna di propaganda, architettata per trasformare la sensibilità delle masse e renderle disponibili ad accettare l’ideologia gender.

Altrettanto importante un articolo di Paul Rondeau (Selling homosexuality to America, 2002) dove l’autore illustrava i diversi passaggi che dovevano essere operati per “convertire”, cioè ribaltare, l’opinione pubblica all’ideologia gender, attraverso tre fasi. Prima si passava attraverso una prima fase di desensibilizzazione, in cui il getto continuo di info abituasse il pubblico a considerare normali i comportamenti sessuali diversi. Seguiva una fase di censura preventiva verso chi desiderasse opporsi, tacciandoli di essere discriminatori, retrò e persino un po’ fascisti (oggi andrebbe di moda la parola populisti): il tutto per bloccare il dissenso. La terza fase prevedeva il martellamento dell’immaginario del pubblico con modelli gender, attraverso tv, film, canzoni, video, clips….in tutte le fasi si va all’attacco con la neo-lingua. Non vi pare che tutto sia già stato fatto?

Oggi all’interno del Parlamento Europeo esiste la Commissione per i Diritti della Donna e l’uguaglianza di genere, all’interno della quale si interviene sulle questioni LGBTI. Che cosa significa, per chi non lo sapesse? La sigla è una sorta di termine inventato con le iniziali di “lesbiche, gay,, bisessuali, transgender, intersex”. La Commissione studia su qualunque problematica posta  da cittadini europei sopra i 15 anni, risponde a segnalazioni di discriminazione e di molestie, su problematiche di vita quotidiana e sostiene i cambiamenti di aspetto delle persone LGBTI, proteggendole e promuovendo i loro diritti (vedi documento Commissione 06/06/2019).

 Che brutta parola LGBTI! Non se ne poteva trovare una dal suono più gradevole nella nuova lingua? Scriveva Orwell in 1984: «Fine specifico della neo lingua non è solo fornire un mezzo espressivo per sostituire la vecchia visione del mondo e le vecchie abitudini mentali, ma quello di rendere impossibile ogni altra forma di pensiero».

Una manciata di giorni prima della pubblicazione di questo articolo (il 2 luglio 2019)  è stata scelta  dai Capi di Stato e dei Governi la neo Presidente della Commissione Europea, la signora Ursula Albrecht von der Leyen, ex Ministra della Difesa teutonica. È un personaggio pubblico molto vicino all’ideologia gender, molto lontana da quelle realtà cristiane che nel suo ruolo di madre di sette figli qualcuno avrebbe desiderato leggere: quelle realtà che amerebbero, nonostante le mode dei tempi imposte dall’esercizio del “pensiero unico”, una naturalità delle coppie e delle famiglie. È ben difficile che tutti costoro possano trovare in futuro un qualsivoglia sostegno da parte di questa Presidente, che eserciterà il proprio potere in nome della “Europa”. Già nel 2017 la signora aveva votato nel Bundenstag per il “matrimonio per tutti” e ha espresso la propria disapprovazione per le discriminazioni espresse nel sistema militare tedesco per le persone LGBTI. Prevediamo che in futuro continuerà a non far mancare il sostegno alla ideologia gender. Prevediamo che vecchie forme di pensiero con essa contrastanti  non troveranno tolleranza. Com’è quella frase che ormai si sente dire più volte al giorno?Ah, sì: lo vuole l’Europa. 

(luglio 2019)

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